Generazione Z: il nuovo target da conquistare per le aziende + Approfondimento culturale

Generazione Z: il nuovo target da conquistare per le aziende + Approfondimento culturale

A differenza dei Millenials, nati tra il 1980 e il 1995, che hanno vissuto il passaggio dall’analogico al digitale, la Generazione Z sono i veri nativi digitali. Nati dopo il 1995 in una società impregnata di wi-fi, super-connessa e da bulimia di selfie, e dove il “non-luogo” (per citare l’antropologo Marc Augè) di incontro è il web.

Negli anni Ottanta i brand per catturare l’attenzione dei Millenials usavano gli spot pubblicitari  in tv, sui giornali e in strada, poi si è passati ad internet ed ai social e il marketing è diventato sempre più da “uno a molti” a “uno a uno”, personalizzato.

Si profilano tempi duri anche le aziende che ora devono raggiungere questo nuovo target. Infatti, secondo la recente ricerca Uniquely Generation Z di Ibm, condotta su un campione di ragazzi tra i 13 e 21 anni in 16 Paesi, emerge che la Generazione Z è difficile da conquistare per i brand.

Il 75% di essa sceglie il mobile e solo il 45% naviga da portatile ed il 30% da un computer fisso. Inoltre, il 60% della Generazione Z non usa un’app o un sito che è troppo lento nel caricarsi, il loro focus dell’attenzione è molto basso e si annoiano facilmente. Ed oltre il 70% degli intervistati sostiene che influenzano le decisioni d’acquisto in famiglia.

Facebook, Instagram e Snapchat sono i social preferiti che utilizzano per commentare i post degli amici (72%), per condividere foto e video (62%), per pubblicare opinioni (45%) e per condividere articoli e blog post (36%).

Generazione Z: il nuovo target da conquistare per le aziende

Il 73% della Generazione Z usa i propri smartphone per messaggi e chat, inoltre per l’87% dei casi si connettono dal wi-fi di casa e per il 66% usano più device in contemporanea.

E l’elemento strano è che questi ragazzi comprano in un negozio fisico (67%).

Come le aziende potrebbero conquistare la Generazione Z

La Generazione Z non è fedele ai brand e cerca prodotti che soddisfano le proprie esigenze, la vera sfida è quindi incuriosirli fino a catturarne l’attenzione e soprattutto mantenerla. Questi ragazzi premiano la qualità, il valore, le relazioni, le personalizzazioni e le esperienze sensoriali che le aziende riescono ad attuare e

devono essere capaci di proteggere i dati personali che forniscono e ne devono spiegare chiaramente i termini d’uso. E tendono a preferire i brand che abbracciano la responsabilità sociale d’impresa e che sostengono cause ambientali.

Generazione Z e brand

Contenuti di Realtà Aumentata e Realtà Virtuale li appassionerebbero, coinvolgendoli a livello emotivo e sensoriale (per alcuni suggerimenti di AR e VR in ambito aziendale, leggi questo mio guest post per Dirty Work web agency). La Generazione Z vuole partecipare e i brand che promuoveranno l’interattività e la collaborazione otterranno fiducia e ne diventeranno loro stessi promotori, diventando influencer. I brand potrebbero coinvolgere magari anche attraverso social contest, video contest o live streaming. Infatti la Generazione Z vuole imparare, in particolare da autodidatta, vuole fare e creare, mettere in evidenza la propensione all’imprenditorialità e alla creatività. E le aziende dovrebbero mostrarsi flessibili ed essere dove sono questi ragazzi, sperimentando quindi diversi social, preferendo contenuti visual ed effimeri come le Stories e magari anche contenuti extra su Snapchat.

La campagna social #ConnettitiResponsabilmente

La Generazione Z fondamentalmente non distingue tra l’online e l’offline, in questo quadro è importante la campagna social #ConnettitiResponsabilmente ideata da D-Link Italia, azienda esperta nelle tecnologie wireless, connettività e smart home. Ha lanciato questo hashtag e campagna social per sensibilizzare sul valore della Rete e per non abusarne, per promuovere una responsabilità online e per incentivare a coltivare le relazioni reali e non mediate da smartphone e pc. Testimonial dell’iniziativa è la conduttrice televisiva Tessa Gelisio, inoltre l’equivalente del costo di un’ora di connessione, fino al 7 gennaio 2018, è stato devoluto alla Fondazione Casa della Carità “Angelo Abriani” di Milano.

Approfondimento: lo spaccato della moderna società e delle nuove generazioni  attraverso i libri

Per approfondimento vediamo uno spaccato di un’epoca in cui sono “i cellulari che ci possiedono ormai e non il contrario”, specchio di un narcisismo di massa che costituiscono una rivoluzione al pari dei telai a vapore e del treno, che ha prodotto anche l’“urbanizzazione della società”, come sottolinea Aldo Cazzullo nel libro “Metti via quel cellulare” che vi proporrò sinteticamente.

Mentre nel secondo libro che vedremo, “Generazione H, la psicoterapeuta Maria Rita Parsi attraverso le testimonianze dirette di ragazzi da vari Paesi del mondo e di varie città italiane, mette in evidenza le net-dipendenze e gli abusi che circolano sul web, sostenendo che occorrono guide responsabili ed autorevoli.

#1. Metti via quel cellulare

Il giornalista Aldo Cazzullo scrive un libro sulla “generazione dallo sguardo basso”, insieme ai figli Rossana e Francesco Maletto Cazzullo, creando una discussione sulla famiglia nella nostra epoca, ed un confronto generazionale per far capire ai genitori perché i ragazzi tengono tanto allo smartphone e dall’altro lato incitare i figli e i nipoti a trascorrere più tempo in famiglia. In un mondo in cui è tutto frammentato e a porzioni, compreso il lavoro, la Rete ha assunto il ruolo di educatore ed il sapere e l’organizzazione dei valori non passa più per i libri. Si è passati dalla generazione con la tv accesa alla generazione che vive con il cellulare sempre connesso e le cuffiette nelle orecchie.

“Metti via quel cellulare” è ricco di riferimenti storici, culturali e personali, di youtubers, di interviste dai giornali che delinea sotto diversi punti di vista il mondo digitale, del lavoro, dei nuovi mestieri, della società, da cui trapela il messaggio dei ragazzi di voler usare la Rete per essere più liberi e consapevoli e di umanizzare le relazioni che passano sul web.

#2. Generazione H. Comprendere e comunicare con gli adolescenti sperduti nel Web tra Blue Whale, Hikikomori e sexting

La Generazione H, sono i ragazzi immersi nello schermo di uno smartphone e di un pc, sedotti dalle sirene del web che li richiamano fin dalla più tenera età. Grazie alla Rete possono fare ed avere tutto e subito, nascondendo le proprie debolezze e difficoltà, è un po’ come l’NZT del film e della serie Limitless che attraverso una pasticca trasparente, che crea dipendenza, si riesce ad avere la migliore versione di sé, essere brillante, capace, reattivo, senza limiti appunto.

I ragazzi della Generazione Z sono a rischio Hikikomori, per questo definiti in questo libro “Generazione H”, sindrome scoperta in Giappone dallo psichiatra Tamaki Saito che ha identificato sintomi che presentavano un numero crescente di adolescenti, come letargia, incomunicabilità, isolamento, depressione.

Il termine “Hikikomori” vuol dire proprio “stare in disparte, isolarsi”, dalle parole giapponesi hiku “tirare” e komoru “ritirarsi”.

Sono ragazzi che si ritirano dalla vita sociale, dalla scuola, si isolano e perdono il contatto col mondo reale per rifugiarsi nel mondo virtuale, optando per un autismo digitale, un’atrofizzazione dei rapporti umani, un’alienazione procurata dalla dipendenza dei social e della Rete che distrugge la fisicità ma anche la riservatezza e la salute psico-fisica. Tante le testimonianze, alcune davvero raccapriccianti, di ragazzi che scelgono di vivere da eremiti ma di abitare il virtuale, creando dipendenze, problemi fisici, con la legge, dai casi di hackeraggio al cyberbullismo e stalking, dal sexting alle pratiche di vomiting, anoressia e bulimia sul web, fino alla Blue Whale.

Blue Whale è un gioco sul web che invita i partecipanti ad affrontare 50 prove del tipo come guardare film dell’orrore per una notte intera, incidere con un coltello sul proprio corpo una balena blu, farsi dei selfie in situazioni di estremo pericolo. Il percorso si conclude al cinquantesimo giorno, con l’ultima estrema provocazione: trovare l’edificio più alto o una roccia a picco sul mare per l’ultima eroica foto: quella del suicidio.

Il libro della psicologa Maria Rita Parsi si conclude con un decalogo per genitori ed educatori per guidare i ragazzi nel mondo digitale, delineando la necessità di un’alfabetizzazione virtuale per evitare ai ragazzi la “solitudine tecnologica” e un gap generazionale, ed assicurare loro dei punti di riferimento stabili anche per il web.

 

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9 pensieri riguardo “Generazione Z: il nuovo target da conquistare per le aziende + Approfondimento culturale

  1. Il problema, riguardo l’alfabetizzazione virtuale, è che spesso i genitori sono a digiuno delle più basilari nozioni sui social (un esempio lampante è la mancata impostazione della privacy sui social) ed ho riscontrato una certa ritrosia ad informarsi!
    Detto ciò, un post davvero interessante per capire meglio come la generazione H si interfacci col web! Non è facile intuirlo da over-30 😁

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    1. Vero vero! I genitori dovrebbero essere dei punti di riferimento anche per il web e fungere da esempio, se sono i primi ad essere sempre connessi, i figli tenderanno sicuramente ad imitarli! Grazie mille per il feedback! 🙂

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